La verità degli aranci
di Corrado Trione
con Simone Faraon, Paolo Mazzini, Silvia Pezza, Debora Lamberti, Anthea Derrico
Costumi e scenografie: Monica Cafiero
Musiche: A.Vivaldi
Coreografie: Sergio Cavallaro
Regia: Simone Faraon
La sfida posta alla compagnia NuoveForme e a me come autore in occasione di questo nuovo allestimento è apparsa subito tanto complessa quanto appassionante: mettere in scena il Piccolo Principe, a 70 anni dalla pubblicazione, mantenendo però l’attenzione sui valori e sulle meraviglie naturalistiche del Parco Nazionale del Gran Paradiso
La soluzione più semplice sarebbe stata tutta “esteriore”: vestire un attore con l’uniforme del Piccolo Principe e farlo atterrare, anziché nel deserto, tra le nostre valli montane. Ma nelle opere di Saint Exupéry ci sono dei temi così sentiti e ricorrenti che sarebbe stato un peccato mortale tradirli, e il poeta dell’ “essenziale invisibile agli occhi” non ci avrebbe perdonato alcuna superficialità.
Chiunque può farne la prova: alternando la lettura del Piccolo Principe, delle Lettere all’amica inventata e di Terra degli uomini da una parte, a quella dei diari dei guardiaparco del Gran Paradiso dall’altra, si scopre un legame profondo e magico talmente forte che sembra di leggere episodi diversi di un’unica opera, con un filo che congiunge temi e immagini in apparenza lontani. Nei diari l’osservazione rigorosa della natura appare sempre indissolubilmente legata ai misteri e ai sensi che nasconde, e alle impressioni individuali, con quello sguardo “bambino” che è la grande trovata poetica del Piccolo Principe.
Così mi sono messo a scrivere un’altra storia: racconta di un guardiaparco, che affrontando il dramma della solitudine osserva il mondo fuori e dentro di lui, e le vite che lo popolano. Intorno al suo casotto isolato gira un anno intero, da inverno a inverno, scandito dalle Quattro stagioni di Vivaldi. Non ha senso chiedersi che anno sia, o su quali montagne ci troviamo, o ancora quanto siano concrete le presenze che gli ruotano intorno: c’è tanto di vero nei sogni, e tanto di sognato nella realtà. E tutti noi abbiamo il nostro pianetino, o parco, o tesoro di cui prenderci cura.
Saint Exupéry è dappertutto: fa capolino non solo nelle infinite citazioni, ma soprattutto nell’essenza, come (speriamo) avrebbe voluto lui.
Nelle sue instancabili esplorazioni dell’animo umano, Antoine de Saint Exupéry ha scoperto e raccontato una verità molto più vera rispetto a quella oggettiva. C’è infatti la realtà degli adulti, che credono all’esistenza dei pianeti solo se corrispondono a un numero, che vivono nel culto del denaro anziché del valore delle cose, che rappresentano il mondo a mappe e schemi senza vivere l’avventura di conoscerlo. E’ una verità in giacca e cravatta, ma tutta vuota, il segno che scimmiotta qualcosa di ormai dimenticato. E poi c’è la Verità degli Aranci. Si tratta della nostra soggettività, del segreto che sta nel cuore di ciascuno. Una realtà solitaria, perché interiore e nascosta, ma universale, perché ogni anima la possiede.
“La verità degli aranci” è uno spettacolo sulla natura e sull’uomo, sull’amicizia e sul distacco. Parla del nostro essere soli, e della meraviglia di scoprirci soli tutti insieme.
La regia di Simone Faraon affronta coraggiosamente questo tema complesso, affidando al protagonista Paolo Mazzini e agli altri interpreti, nonché alle coreografie di Sergio Cavallaro, il difficile compito di accompagnare il pubblico lungo un sentiero tutto interiore.
Per me, che ho scritto isolandomi e attingendo al mio mondo più buio, vedere che in scena ciascuno porta ed aggiunge un pezzetto di sé è già un miracolo che mi commuove. La ragione per cui amo il teatro. Se poi anche il pubblico sceglierà di venire con noi, avremo vinto tutti insieme la sfida.